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Il libro ricostruisce e documenta per la prima volta, e in maniera organica e completa, l'universo concentrazionario creato in Irpinia dal fascismo nell'ultima fase del regime. La provincia di Avellino, e specie i comuni dell'Alta Irpinia, era stata già in precedenza largamente utilizzata dal regime per il confino di polizia, ma allo scoppio della Seconda guerra mondiale essa venne inoltre scelta per ospitare numerosi campi d'internamento civile, sia "chiusi" che "aperti", destinati ad accogliere una larga massa di apolidi, di ebrei, di slavi e di cittadini di nazioni nemiche, oltre che naturalmente di antifascisti e di "sovversivi". La scelta del regime era stata determinata dall'isolamento geografico dell'Irpinia, dalla mancanza di sbocchi sul mare e dalla lontananza dai fronti di guerra. Con grande accuratezza Renzulli ricostruisce, grazie ad una vasta quanto preziosa documentazione inedita, tutti gli aspetti dell'internamento e del funzionamento dei campi, minutamente regolamentati e gestiti da una pratica burocratico-poliziesca particolarmente pedante e meschina, resa ancora più tale dalle difficoltà generali del periodo bellico.